Serata di racconti - Gennaio 2011




Cari amici, ecco il blog di nuovo in funzione.

Vi metto qui di seguito una prima traccia della serata, con i materiali che per ora mi pare si possano utilizzare. Le parti che non sono di Baliani le ho scritte io e possono essere una traccia per chi porterà quella parte.

Penso che la cosa migliore sarà dividersi le parti, siano esse testo, poesia o racconti, portando coralmente tutto il percorso.

Magari la poesia della pietra si può fare a due voci.

Quando avremo messo tutti i materiali valuteremo la durata. Ovviamente le cose che avevate proposto e che io non ho inserito non sono escluse: il percorso è ancora un work in progress in cui possiamo andare ancora un po' a ruota libera.

Racconti indiani









ANDARE A PRENDERE L'ACQUA

Il santo Narada si consumava in ardente ascesi per cercare di penetrare nel mistero divino di Vishnu. Implorava il dio perché gli manifestasse il gioco magico della maya, che intesse l'eterno vortice del cosmo con le sue costellazioni e le miriadi di creature che vengono e vanno.
Vishnu ebbe compassione di lui e gli apparve fisicamente nella figura benevola e gioiosa di Krishna, il pastore e l'eroe, il cui sorriso divino e la parola erano ben conosciuti al santo Narada. «Signore, mostrami la tua maya» lo implorò Narada, e Krishna gli rispose: «Lo farò. Seguimi!»
Dall'eremo nella foresta, se ne andarono insieme e raggiunsero una landa deserta, senza ombra. Il sole ardeva nel cielo e a Krishna venne sete. Allora il Signore disse a Narada: «Narada, ho sete; mi vai a prendere dell'acqua? Non lontano da qui c'è un villaggio». «Subito, Signore» rispose l'asceta e partì, mentre Krishna rimase nel deserto ad aspettarlo.
Narada arrivò al villaggio e bussò alla porta della prima casa, per chiedere una brocca d'acqua. Comparve una ragazza bellissima, e al santo successe ciò che non aveva mai neppure immaginato; gli occhi scuri della ragazza lo incantarono, sembravano gli occhi di loto nero-blu del suo divino amico e Maestro. Attonito, Narada continuava a guardare, senza mai saziarsi di quella leggiadria. Dimenticò completamente che cosa volesse chiedere alla ragazza e che cosa lo avesse condotto nel villaggio. Stava lì, prigioniero. Rispettosamente e con semplicità la fanciulla gli diede il benvenuto; la sua voce era come un magico laccio d'oro che si posava carezzevole sul capo dell'eremita, il quale, come in sogno, seguì l'invito ed entrò in casa.
Venne ricevuto come si riceve un uomo santo; tutta la casa sembrava felice e fiera per la sua presenza. Narada rimase: ciò che lo avvolgeva con la magia del noto e dell'ignoto, in questa nuova vita che silenziosamente si chiudeva attorno a lui come una lucerne conchiglia, era la quieta e divina maestosità della casa e dei suoi abitanti, culminante nel fiore radioso della grazia e della purezza della giovane donna.
Narada non ricordava da dove veniva. Che cosa lo aveva portato qui? C'era qualcuno, fuori nel mondo, che lo aspettava? Lo aveva dimenticato, si era perso in se stesso: ed era rimasto. Si era innamorato della ragazza. Ne chiese la mano al padre e sembrò che tutti non attendessero altro che egli diventasse un membro della loro famiglia.
Si sposarono ed ebbero tre figli. Passarono gli anni, il padre morì e Narada ereditò bestiame e campi e proseguì il lavoro dello scomparso. Trascorsero altri dodici anni: poi, durante il monsone, un'inondazione distrusse tutto il villaggio. Le capanne di paglia sprofondarono nel fango, il bestiame venne portato via dalla corrente delle acque rigonfie e annegò nei gorghi. Tutti dovettero fuggire. Narada prese per mano la moglie e due figli, mentre il più piccolo era sulle sue spalle. Con passo malfermo, se ne andò nella notte flagellata dalla pioggia, nell'acqua impetuosa che correva rombando e che si alzava sempre di più. La sua violenza era superiore alle forze di un uomo. Narada non resistette alla corrente, inciampò: il bambino più piccolo gli scivolò dalle spalle e scomparve nei flutti. Narada urlò inorridito e lasciò le mani degli altri due figli per salvare il piccolo: inutilmente. Anche gli altri due vennero strappati dal suo fianco e scomparvero nelle tenebre mugghianti. Teneva ancora la mano della moglie rigidamente nella sua, ma un'onda li avvolse, li divise con violenza, lo portò via, lo fece andare alla deriva nella notte e infine lo gettò privo di sensi su una piccola altura.
Quando rinvenne si rese conto dell'infinità della propria pena guardandosi attorno, vedendo il disastro sul quale spuntava una pallida luce. Scoppiò a piangere. Improvvisamente dietro di sé sentì una voce nota, che lo fece sussultare: «Figlio, dov'è l'acqua che mi dovevi prendere? E’ da più di mezz'ora che ti sto aspettando».
Narada spalancò gli occhi e si guardò attorno: invece dell'inondazione (doveva averla sognata) vedeva il deserto che aveva attraversato insieme con il dio; un deserto tremolante per la calura del mezzogiorno. Voltò il capo verso la divinità che stava in piedi dietro di lui e abbassò la fronte con un brivido, mentre le labbra crudelmente belle di Krishna si aprirono in un sorriso, chiedendogli: «Ora conosci il mistero della mia maya!»
(Heinrich Zimmer - Racconti dall’India)



CAMMINARE SULL'ACQUA I
Un brahmano aveva costruito il suo eremo vicino al grande fiume. Tutti i giorni arrivava una ragazza che attraversava il fiume con un traghetto e gli portava un po' di latte da parte del pastore che abitava sulla riva opposta. Talvolta era in ritardo e ciò irritava il brahmano. La ragazza si scusava: «Succede che devo aspettare il traghetto perché è ancora dall'altro lato o è appena partito». «Il traghetto? Stupidaggini!» esclamò il brahmano con disprezzo, e spazientito continuò: «Figliola, con il nome di Dio nel cuore e sulle labbra, un uomo che crede può camminare sulle onde del mare sconfinato e circolare delle morti e delle rinascite senza fine, per giungere alla lontana sponda della liberazione. E lo scorrere dell'acqua di un fiume è sufficiente a fermare il tuo piede?» La ragazza stava davanti al sant'uomo ammutolita e piena di vergogna. Si inchinò al suo cospetto, prese la polvere che stava ai suoi piedi e se la mise sulla fronte.
L'indomani la ragazza arrivò puntuale con il latte e così anche nei giorni successivi. Il brahmano fu soddisfatto dello zelo e dopo qualche tempo le chiese: «Come fai ad arrivare sempre così puntuale?» La ragazza rispose: «Signore, faccio come tu mi hai detto. Con il nome di Dio nel cuore e sulle labbra, cammino con fede sull'acqua, senza che il mio piede affondi. Non ho più bisogno del traghetto».
Il brahmano si meravigliò in silenzio per il potere prodigioso del nome di Dio in una creatura così semplice; non se ne fece accorgere e commentò: «Bene. Voglio venire con te per vederti camminare sull'acqua; voglio attraversare il fiume insieme a te». Era curioso: come faceva la ragazza a compiere il miracolo? Se davvero la giovane aveva successo, sicuramente anche lui ce l'avrebbe fatta.
Giunti alla sponda, le labbra della ragazza presero a muoversi silenziosamente; il suo sguardo era rivolto verso un punto lontano. La giovane mormorava continuamente il nome di Dio e, leggera come una piuma, cominciò a scivolare sull'acqua. La corrente fluiva veloce e gorgogliante sotto di lei senza spruzzarla; le piante dei piedi non sembravano toccarla.
Il brahmano stupefatto alzò un po' la veste, cominciò a sussurrare il nome di Dio e pose il piede sull'acqua. Ma non riuscì a restare accanto alla ragazza che, come una rondine, sembrava volare dolcemente. Stava per annegare. La giovane se ne accorse, scoppiò in una fragorosa risata e gridò, allontanandosi: «Non meravigliarti se stai affondando! Come può il nome di Dio farti camminare sull'acqua, se quando lo chiami ti sollevi la veste perché temi di bagnarne l'orlo?»
(Heinrich Zimmer - Racconti dall’India)
CAMMINARE SULL'ACQUA II
Un uomo doveva attraversare un fiume largo e impetuoso; non riuscì però a trovare né un barcaiolo né un guado. Così si ricordò che un giorno un santo gli aveva regalato un amuleto, dicendogli: «Questo amuleto nasconde in sé una forza prodigiosa; chi lo tiene in mano sarà in grado di camminare sull'acqua senza bagnarsi i piedi». L’uomo decise di provare; prese in mano l'oggetto e si avviò sul fiume. Era vero, le acque lo portavano. Muoveva un passo dopo l'altro e non affondava. La paura iniziale ben presto svanì, per far posto a una grande fiducia.
Arrivato in mezzo al fiume, l'uomo contemplò l'amuleto che teneva in mano e disse: «E’ portentoso che questa roba così insignificante abbia un potere tanto grande! Chissà che cosa c'è dentro!» Continuando a camminare sull'acqua, cominciò a sciogliere i nodi dell'amuleto. Dentro trovò un pezzetto di carta ripiegato. Lo aprì: vi era scritto sopra il nome di Dio. «Tutto qui?» si chiese deluso. Ma non ebbe altro tempo per riflettere sulla domanda, tanto velocemente affondò nell'acqua gorgogliante.
(Heinrich Zimmer - Racconti dall’India)

2 commenti:

  1. a me piacciono questi tre raconti, soprattutto il terzo

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  2. ciao ragazzi,io domani andrò all' IKEA già per prendere cose mie ed avevo pensato di predere un po' di candele, va bene?
    C'è bisogno di qualche cosa d'altro? ah, cercherò anche i bicchieri carini per servire il the.
    Sono anche disponibile per acquistare cioccolatini e frutta candita ricoperta di cioccolato.
    Fatemi sapere se va bene.
    baci

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